Ferrovie del Sud Est ha avviato la procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato dello scorso agosto che ha definito come "aiuti di Stato" i 70 milioni di euro ricevuti dall’azienda nel 2016.
Questa decisione, che ha causato un grave impatto finanziario sul bilancio della società, ha messo in allarme i 1.500 dipendenti e la Regione Puglia, che ha affidato a FSE la gestione del servizio ferroviario fino al 2032 e quella della rete e del trasporto su gomma fino al 2026.
Secondo l’amministratore delegato Giorgio Botti, la scelta di ricorrere a questa procedura rappresenta la soluzione più idonea per affrontare la complessa situazione patrimoniale dell’azienda.
L’obiettivo è garantire la continuità operativa, preservare il valore dell’impresa e tutelare gli interessi di tutte le parti coinvolte, inclusi creditori, dipendenti e utenti del servizio.
Questo percorso permetterà di assicurare la regolarità del trasporto pubblico e di portare avanti il piano di investimenti da un miliardo di euro, finanziato anche con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Nonostante l’impossibilità di procedere con una ricapitalizzazione, l’azienda ha ribadito l’impegno a mantenere i servizi attivi e a garantire una gestione ordinaria.
Le assunzioni dei deviatori e le selezioni per nuovi autisti proseguiranno regolarmente, offrendo un po’ di sollievo sia ai lavoratori che agli utenti.
Nel frattempo, il consiglio di amministrazione rimarrà in carica fino alla naturale scadenza, prevista con la presentazione del bilancio 2024.
La crisi di FSE trae origine dalla sentenza del Consiglio di Stato, che ha concluso una lunga disputa giudiziaria iniziata nel 2017.
Al centro della controversia vi era il trasferimento di 70 milioni di euro da Ferrovie dello Stato a FSE nell’ottobre 2016, un intervento destinato a salvare un’azienda in gravi difficoltà economiche.
Tuttavia, questa misura fu contestata da alcuni operatori del settore, tra cui la holding tedesca Arriva Italia, che presentò ricorso sostenendo che tali fondi costituivano un vantaggio competitivo illecito, non notificato alla Commissione europea, come richiesto dalla normativa comunitaria.
Dopo una serie di passaggi legali, inclusa una consultazione con la Corte di Giustizia Europea, il Consiglio di Stato ha stabilito che i fondi ricevuti rappresentavano aiuti di Stato, creando un vantaggio economico "gratuito" per FSE e alterando le regole della concorrenza.
Ora l’azienda affronta un nuovo capitolo operativo, caratterizzato dalla probabile supervisione degli organi giudiziari per garantire il rispetto degli impegni assunti e una gestione responsabile della crisi.
Fonte Quotidiano di Puglia