
C’è poco da dire: Stadler Rail è una fuoriclasse della produzione ferroviaria.
Ogni locomotiva, ogni automotrice che porta la sua firma è un concentrato di tecnica, design e affidabilità. Treni belli, funzionali, veloci, performanti. Progettati con una precisione tutta svizzera e una visione industriale che guarda lontano.
Oggi Stadler è un marchio globale: dalla Svizzera all’Europa, fino ai mercati più lontani, i suoi convogli rappresentano un punto di riferimento. Anche in Italia la sua presenza cresce, seppur più lentamente rispetto ad altri Paesi. E con coraggio, l’azienda turgoviese si è inserita in progetti pionieristici sui nuovi sistemi di alimentazione, confermandosi tra i costruttori più innovativi del settore.
Fin qui, applausi.
Ma negli ultimi giorni qualche crepa nella carrozzeria perfetta si è intravista.
Il caso FFS: la lite nel cortile di casa
Il ricorso presentato da Stadler contro le FFS per l’assegnazione a Siemens dell’appalto da 116 treni ha destato più l’impressione di una scaramuccia da cortile che di una mossa industriale ponderata.
Una reazione d’impeto, quasi dettata dall’orgoglio ferito più che da una reale strategia di mercato. Un atteggiamento che ha lasciato perplessi molti esperti di settore e ha suscitato persino le critiche del sindacato SEV, che ha ricordato come “le regole vadano rispettate, a beneficio anche delle stesse imprese elvetiche”.
Parole più chiare sono arrivate anche da Rika Koch, professoressa presso la Scuola universitaria professionale di Berna in risposta soprattutto alla politica locale che voleva la commessa affidata a Stadler per un mero concetto di "nazionalismo". «Un bonus nazionale per favorire l'economia locale non è compatibile né con il diritto degli appalti pubblici né con gli accordi internazionali», dice Koch.
Tutto questo senza dimenticare la precisazione del Tages-Anzeiger che fa presente che la tedesca Siemens impiega circa 6000 dipendenti in Svizzera ed è quindi una delle più grandi aziende industriali del paese. Inoltre Stadler Rail si aggiudica regolarmente commesse in Germania.
Un episodio, insomma, che, più che rafforzare la posizione di Stadler, sta rischiando di incrinare quell’immagine di equilibrio e professionalità che l’azienda si è costruita in anni di lavoro impeccabile.
Considerato inoltre che l’azienda sta conquistando ordini a livello internazionale, l’episodio della gara persa in casa, pur spiacevole, avrebbe meritato un approccio più elegante e curato, soprattutto dal punto di vista comunicativo.
Il caso EAV: l’immagine in ritardo
Ancora meno comprensibile la richiesta, avanzata nei giorni scorsi, di rinviare per la terza volta la consegna dei treni destinati a EAV. Una mossa che rischia di trasformarsi in un boomerang, con penali milionarie già in vista e una reputazione che ne esce ammaccata.
Le cause? La pandemia, la guerra in Ucraina, l’alluvione che ha danneggiato lo stabilimento di Valencia. Tutto vero. Ma sono emergenze ormai lontane nel tempo, e da un costruttore serio come Stadler ci si aspetta capacità di reazione, non la richiesta di ulteriori proroghe per motivazioni che il tempo stesso fa suonare ormai come delle scuse.
Un’azienda leader, ma con alcuni punti da rivedere
Nessuno mette in discussione la qualità dei suoi prodotti. Stadler resta una garanzia di eccellenza.
Ma la gestione della comunicazione e, in casi come quello di EAV, della produzione, richiedono maggiore attenzione.
Perché, come ricorda una vecchia legge non scritta dell’economia: “I soldi si rifanno. La reputazione, no”.