“Il disastro di ieri (mercoledì, ndr) non è un’eccezione, è stato solo più grave tra quelli che quotidianamente attraversano la rete ferroviaria, colpita da interruzioni di linea giornaliere che stanno peggiorando in maniera drammatica il servizio.
Quel che è certo è che la colpa non è di un chiodo, la colpa è dell’eccesso di concorrenza e della guerra delle tariffe che hanno impoverito gli investimenti in innovazione necessari a garantire l’infrastruttura.
Il Ministro ci metta la faccia”.
È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo in seguito all’interruzione del traffico ferroviario della mattinata di mercoledì.
“Nel trasporto ferroviario sta succedendo quanto già avvenuto nel mondo delle telecomunicazioni.
Aver spinto in maniera eccessiva verso la liberalizzazione e la concorrenza – spiega il dirigente sindacale – ha determinato una condizione per cui c’è un eccesso di treni sull’infrastruttura e con una guerra delle tariffe che porta al rischio di avere poche risorse per gli investimenti.
Il Pnrr, era e rimane un’occasione unica per aumentare gli investimenti.
Si è scelto invece di tagliare risorse fondamentali per questo obiettivo mentre sarebbe stato necessario qualificare gli investimenti, rivedere la gestione delle manutenzioni internalizzando attività da gestire direttamente”.
“Il Ministro dei trasporti, come spesso capita, trova una risposta semplice a problemi molto complessi, sentenzia che è colpa di un chiodo, e cerca di individuare, magari in un operaio che guadagna forse 1200 euro, un capro espiatorio delle incapacità della politica e del Governo di leggere quanto sta accadendo nel nostro Paese.
Con buona pace dei cittadini che in quella giornata hanno perso tutti i loro appuntamenti.
Anche qui – sottolinea Gesmundo – nessuna critica a un sistema di appalti al massimo ribasso che ha portato spesso aziende senza adeguate competenze a intervenire, spesso malpagate e in condizioni difficili.
Crevalcore è lì a ricordarcelo, ma nessuno lo rammenta.
Ora si sospenderà il rapporto con quell’azienda e tutto continuerà come prima”.
“Con queste premesse e con questo modo di gestire le infrastrutture – prosegue il segretario confederale della Cgil – il Ministro insiste a voler realizzare il ponte sullo Stretto, la più grande opera di tutti i tempi, senza alcun dubbio nonostante il progetto preveda che un pilone dovrà poggiare su una faglia attiva.
Quanto accaduto oltre sessant’anni fa alla diga del Vajont, una strage causata dagli interessi economici, imporrebbe cautela. Un altro fronte della politica, invece, reagisce riproponendo la più classica e scontata delle ricette: privatizzare le ferrovie, solo il privato può gestire bene l’infrastruttura e il servizio.
Anche in questo caso si dimentica completamente quanto avvenuto con la privatizzazione di Autostrade, che, anche senza richiamare la tragedia del ponte Morandi, ha visto con la gestione del privato un depauperamento dell’infrastruttura, un drammatico peggioramento del servizio e un costo esorbitante per lo Stato, pagato, ovviamente, dai cittadini.
Nel frattempo, il privato ha incassato dividendi miliardari sfruttando una infrastruttura costruita con i soldi dei cittadini”.
“L’unica condizione per garantire il sistema Paese – conclude Gesmundo – è individuare le risorse necessarie a gestire gli investimenti che accompagnino le transizioni in atto.
Il Ministro dei Trasporti ha dimostrato di non essere in grado di farlo, meglio che si occupi di nonni e passi il suo tempo a postare sui social”.