Sulle nostre pagine non troverete quasi mai foto di treni imbrattati.
È una regola che seguiamo con convinzione: il graffito, quando è invasivo, offende il mezzo, ne cancella le linee e ne oscura la funzione.
Oggi, però, la infrangiamo. E non per leggerezza, ma per rispetto.
Parliamo dell’ETR 350 n.114 di Trenitalia Tper, un convoglio che in questi giorni circola con addosso un’opera fuori dal comune.
Sulle fiancate di una cassa intermedia non c’è il solito scarabocchio, ma un disegno che racconta un pezzo di storia italiana: il bus n.37, quello utilizzato come “carro funebre e per trasporto feriti” improvvisato nelle ore successive alla strage del 2 agosto 1980, accanto alla scritta inequivocabile “2 agosto 1980” e al frontale della stazione di Bologna con l’orologio fermo per sempre alle 10:25.
È impossibile restare indifferenti davanti a questa composizione.
Il treno diventa un manifesto itinerante, un convoglio della memoria che, chilometro dopo chilometro, porta con sé un ricordo collettivo e doloroso.
Non è solo arte urbana: è un frammento di storia che viaggia sui binari, raggiunge pendolari distratti, turisti curiosi, ferrovieri in servizio. Ogni sosta in stazione è un invito a fermarsi, a guardare, a ricordare.
L’idea è talmente potente che, a nostro avviso, andrebbe resa permanente. Immaginiamo di trasferire questo graffito su una pellicola ufficiale, un wrapping studiato e autorizzato, da applicare in pianta stabile a un treno. Un convoglio che ogni giorno, nei suoi spostamenti ordinari, ricordi le 85 vite spezzate e la ferita profonda che quella mattina d’agosto inflisse alla città e al Paese intero.
Forse non c’è modo migliore, per un mezzo nato per unire luoghi e persone, di mantenere vivo un legame così importante tra memoria e presente.
Perché anche un treno può diventare un monumento, e correre veloce affinché nessuno dimentichi.
Foto di Fabrizio Montignani