I treni ad alta velocità in Italia continuano a viaggiare a rilento. Nonostante le promesse di efficienza e modernità, i convogli Frecciarossa, Frecciargento, Frecciabianca e Italo fanno i conti con una realtà ben diversa: ritardi diffusi, disservizi e un sistema infrastrutturale sempre più sotto pressione.
A certificarlo sono due dossier distinti, uno a cura di Europa Radicale, l’altro pubblicato a marzo 2025 da Altroconsumo.
Il dossier: oltre il 70% dei treni in ritardo
Nel report di Europa Radicale, presentato al Ministero dei Trasporti, emerge un dato allarmante: tra ottobre e dicembre 2024, oltre il 70% dei 22.865 treni monitorati ha accumulato ritardi.
In totale, si tratta di 4.641 ore perse, l’equivalente di sei mesi e mezzo. Le tratte peggiori? Il Frecciarossa 9658 Reggio Calabria–Milano guida la classifica con una media di 46 minuti di ritardo, seguito dal Frecciargento 8348 Bari–Roma (38 minuti) e dal Frecciarossa 8824 Lecce–Milano, in orario solo cinque volte in tre mesi.
Il dato complessivo è impietoso: solo il 20% dei treni ha accumulato ritardi inferiori ai 6 minuti, mentre appena il 3% è risultato puntuale o in anticipo.
La situazione, oltre a minare la fiducia dei passeggeri, ha un costo economico pesante: nel 2024 Trenitalia ha sborsato 102 milioni di euro in rimborsi.
Rete congestionata e ritardi concentrati nei giorni feriali
Secondo Chiara Calore, autrice dell’analisi per Europa Radicale, i problemi sono strutturali. “La congestione della rete, in particolare nelle ore di punta e nei giorni feriali, rende impossibile garantire la puntualità con l’attuale frequenza dei treni,” spiega.
Dal 2017, il numero di treni in circolazione è cresciuto del 30%, passando da 308 a 400 convogli al giorno, spesso su infrastrutture non interamente dedicate all’alta velocità.
I dati parlano chiaro: il venerdì è la giornata peggiore, con oltre 2.400 treni in ritardo su 3.160, mentre la domenica risulta essere la più “tranquilla”, pur con quasi 1.800 corse in ritardo.
Altroconsumo: anche Italo rallenta, ma è più puntuale
La fotografia aggiornata arriva dall’indagine condotta da Altroconsumo tra dicembre 2024 e febbraio 2025 su 81 tratte.
In media, il 36% dei treni a lunga percorrenza arriva in ritardo. Trenitalia si attesta al 30% per i Frecciarossa, mentre Italo registra un tasso più basso (26%), risultando più puntuale nell’80% delle tratte.
Sulla Napoli–Roma, ad esempio, i treni Italo sono stati puntuali nell’81% dei casi, contro il 75% del Frecciarossa. Sulla Salerno–Torino, invece, Trenitalia ha fatto registrare ritardi nel 65% delle corse.
Le tratte tradizionali soffrono di più
La situazione peggiora ulteriormente per i treni su linee non ad alta velocità.
I Frecciargento presentano ritardi nel 41% dei casi (con punte del 95% sulla Bari–Roma), i Frecciabianca nel 37%, e gli Intercity nel 29%. Emblematico il caso della Milano–Pescara: in 43 giorni su 45 si è verificato almeno un ritardo.
Altroconsumo chiede rimborsi più equi
Attualmente, il rimborso è previsto solo per ritardi superiori ai 30 minuti. Altroconsumo chiede una revisione delle soglie: 30% per ritardi oltre i 15 minuti (sull’alta velocità) o 30 minuti (sulle altre linee), 50% oltre i 30 o 60 minuti, rimborso integrale oltre le due ore.
Una proposta che punta a tutelare maggiormente i viaggiatori e a incentivare una maggiore puntualità da parte degli operatori.
Il caso simbolo: l’Intercity Milano–Lecce mai arrivato
A dimostrazione di un sistema sempre più fragile, il 16 aprile 2025 l’Intercity Notte 755, partito da Milano Centrale, non ha mai raggiunto Lecce.
Dopo lunghe soste ad Ancona e Pescara, il convoglio si è fermato definitivamente a Chieuti, nel Foggiano, alle 4.30 del mattino.
I passeggeri, circa 400, sono stati fatti scendere sui binari e trasportati con mezzi sostitutivi. Trenitalia ha promesso il rimborso integrale, ma non ha ancora chiarito se si sia trattato di un guasto al locomotore o di un problema elettrico.
Una vicenda che, più di ogni numero, restituisce l’immagine di una rete ferroviaria italiana alle prese con limiti strutturali evidenti, tra crescita della domanda, carenze infrastrutturali e scarsa capacità di adattamento.
Fonte affaritaliani.it