Il verdetto arriva senza giri di parole: la ferrovia Calalzo–Cortina (e oltre verso Dobbiaco e Bolzano) non si può fare.
A sancirlo è lo studio di fattibilità redatto da RFI – Rete Ferroviaria Italiana, che boccia l'intero progetto, parlando esplicitamente di assenza delle condizioni tecniche ed economiche per proseguire lo sviluppo.
Una presa di posizione chiara, che suona come la parola fine a un’infrastruttura molto attesa e portata avanti con determinazione dalla Regione Veneto e dalla Provincia di Belluno, con l’obiettivo di offrire un’alternativa solida al trasporto su gomma nell’area dolomitica.
Ma oggi, a quasi dieci anni dall'avvio del progetto, lo scenario è cambiato: il gruppo di lavoro composto da Regione, Provincia e RFI indica come soluzione più percorribile il potenziamento del trasporto pubblico su gomma, razionalizzando i collegamenti esistenti tra Calalzo e Cortina.
Costi fuori scala, benefici limitati
Fin dalle prime fasi del progetto era emerso quanto fosse complicato trovare un tracciato condiviso: dalla direttrice “naturale” via Valboite si era arrivati a ipotizzare addirittura quattro alternative, tra cui l’ipotesi agordina. Alla fine, l’attenzione si è focalizzata sul percorso più diretto, ma la realtà si è rivelata ben diversa dalle aspettative iniziali.
Secondo RFI, la realizzazione della sola tratta Calalzo–Cortina comporterebbe un investimento tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro, con tempi di realizzazione stimati in almeno dieci anni. Un costo più che raddoppiato rispetto alle previsioni iniziali.
A questo si aggiunge un dato di domanda particolarmente basso: l’attuale linea ferroviaria Ponte–Calalzo movimenta appena un centinaio di passeggeri al giorno, con la stazione più frequentata (Ponte) che registra circa 120 utenti in direzione nord. Numeri decisamente insufficienti a giustificare un investimento miliardario.
Turismo sì, ma con troppe incognite
Nemmeno la destinazione turistica di Cortina riesce, al momento, a cambiare il quadro. Il traffico medio giornaliero sull’Alemagna (tratto Calalzo–Valboite) si attesta su 7.000 veicoli, ma con forti picchi stagionali che rendono difficile una pianificazione su base annua.
Per RFI, trasformare la linea in un treno turistico richiederebbe ulteriori valutazioni, e non garantisce comunque una sufficiente continuità di utenza per rendere l’opera sostenibile.
Interferenze ambientali e vincoli tecnici
Il territorio impone sfide importanti: criticità idrogeologiche, pendenze complesse, scarpate e valli da superare impongono soluzioni ingegneristiche onerose e vincolate da normative specifiche. A questo si aggiunge la necessità di realizzare sei fermate intermedie (Tai, Valle, Venas, Vodo, Borca, Zuel) e una nuova stazione a San Vito, molte delle quali distanti dai centri abitati.
C'è poi la questione dell'elettrificazione: se da un lato sarebbe tecnicamente possibile per il nuovo tracciato, risulta poco coerente senza l'elettrificazione della tratta esistente Ponte–Calalzo, il che comporterebbe ulteriori costi e tempi.
Anche i tempi di percorrenza non giocano a favore del treno: da Mestre a Cortina si impiegano oggi circa due ore in auto, tre in bus. Il servizio ferroviario, alle condizioni attuali, non sarebbe competitivo né in termini di tempistiche né di comodità.
Conclusione: il treno si ferma qui
In definitiva, lo studio tecnico parla chiaro: i costi superano di gran lunga i benefici, l’utenza potenziale è troppo limitata, e le criticità tecniche ed ambientali sono tali da rendere non giustificabile la realizzazione della linea.
Per il "Treno delle Dolomiti", almeno per ora, il semaforo resta rosso.
Fonte Il Gazzettino