Secondo quanto riportato da The Social Post, il Ponte sullo Stretto di Messina - da sempre uno dei progetti più controversi della storia repubblicana italiana - potrebbe trovare nuova linfa grazie al contesto internazionale e alle recenti direttive Nato sulle spese militari.
Una riorganizzazione delle voci di bilancio, approvata durante l’ultimo vertice dell’Alleanza Atlantica, apre infatti alla possibilità di includere tra gli investimenti per la sicurezza collettiva anche le infrastrutture strategiche, non solo gli armamenti.
In questo scenario, il Ponte potrebbe rientrare tra le opere finanziabili a fini difensivi.
Un’infrastruttura strategica per la difesa
Come spiega The Social Post, la novità nasce dall’innalzamento al 5% del PIL del tetto di spesa militare per ciascun Paese membro Nato.
La ripartizione prevede che oltre il 3% venga destinato a spese militari dirette, mentre il restante (fino al 2%) possa coprire infrastrutture utili alla difesa.
L’Italia, in questo contesto, starebbe cercando di far rientrare la costruzione del Ponte — sostenuta con forza dal ministro Matteo Salvini — proprio in quest’ultima categoria.
Un report governativo, citato da Politico e rilanciato dal Corriere della Sera, evidenzia il valore strategico del collegamento stabile sullo Stretto, fondamentale per la mobilità delle forze armate nel Mediterraneo.
La Sicilia, definita "avamposto italiano verso Medio Oriente e Africa", rafforzerebbe il proprio ruolo militare grazie all'inclusione del Ponte nel Military Mobility Action Plan della Nato.
Il nodo dei costi e la classificazione strategica
L’opera è stimata in circa 13 miliardi di euro. Una cifra che, sottolinea The Social Post, potrebbe essere inclusa nella quota dell’1,5% del PIL destinata alle infrastrutture militari strategiche.
Tuttavia, molto dipenderà dalla classificazione ufficiale dell’opera. La Commissione europea ha infatti ribadito che ogni voce di spesa pubblica deve rispettare la classificazione COFOG (Classificazione delle Funzioni di Governo), lasciando alle autorità italiane la responsabilità di stabilirne l’uso civile o militare — scelta che condizionerà la possibilità di accedere a fondi europei o a cofinanziamenti.
Tre scenari per il finanziamento
Come riferito ancora da The Social Post, l’ANSA ha riportato tre ipotesi di finanziamento:
- Copertura con fondi nazionali, preferita da Bruxelles;
- Inserimento nella clausola di salvaguardia, tramite una procedura motivata;
- Richiesta di cofinanziamento europeo, possibile solo se l’opera verrà riconosciuta come strategica per l’Unione.
Intanto, dagli Stati Uniti arriva un segnale di apertura. L’ambasciatore USA in Italia, Tilman J. Fertitta, ha lodato il progetto, definendolo un esempio ambizioso da seguire anche negli USA: «In Texas pensiamo in grande, ma vogliamo vedere anche noi il ponte più grande del mondo. Deve essere costruito».
L’elemento geopolitico e il ritorno di Trump
A fare da sfondo alla discussione c’è il ruolo di Donald Trump, artefice della svolta sulle spese Nato quando era ancora presidente e ora nuovamente al centro della scena internazionale.
Se le regole da lui fortemente sostenute dovessero concretizzarsi anche nel prossimo mandato, l’Italia potrebbe beneficiare indirettamente della sua visione in materia di difesa e logistica.
In conclusione, come scrive The Social Post, il Ponte sullo Stretto si colloca oggi in un contesto completamente nuovo, in cui le scelte geopolitiche potrebbero trasformare un sogno rimandato per decenni in una realtà concreta.