Gli interventi di recupero a scopo turistico, della linea ferroviaria Noto - Pachino, chiusa dal 1986, proseguono con significativi passi avanti.
Recentemente sono stati effettuati degli scavi in via Istrice, nel tratto compreso tra le progressive Km 6+700 e 7+700, in territorio di Noto.
Durante questi lavori, sono emerse le antiche rotaie da 36 kg/m, che sono state quasi completamente rimosse per permettere il ripristino del corpo stradale.
Questo intervento è una fase preparatoria per la posa del nuovo armamento ferroviario.
L’obiettivo di questi lavori è completare il recupero dell’intera tratta ferroviaria entro il 2026, restituendo così la funzionalità a questa storica linea, che servirà nuovamente la zona tra Noto e Pachino.
Il ripristino della tratta ferroviaria, lunga 27 km e inserita nell’elenco delle ferrovie turistiche contemplato dalla Legge 128/2017, è stato promosso dalla Fondazione FS e finanziato con il Fondo complementare del Ministero della Cultura collegato al Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Cenni storici
La ferrovia Noto – Pachino, soprannominata anche "Ferrovia del vino" per il suo ruolo nel trasporto del vino e di altri prodotti agricoli tipici della zona, venne completata il 21 aprile 1935.
Originariamente progettata per il trasporto merci, la linea rivestiva un'importanza strategica per l'economia agricola siciliana, soprattutto per l'esportazione dei suoi prodotti.
Nel secondo dopoguerra, a causa della diminuzione del traffico e dell'evoluzione dei mezzi di trasporto, la linea fu inserita nelle categorie delle linee secondarie a scarso traffico.
Con il passare degli anni, la sua funzionalità divenne sempre più marginale, e il 1° gennaio 1986 fu sospesa con Decreto Ministeriale, segnando la fine della sua attività regolare.
Nonostante la bellezza e l’importanza turistica dei luoghi attraversati, la tratta della ferrovia Noto – Pachino fu definitivamente dismessa alla fine del 2002.
La linea attraversava paesaggi unici e zone di grande valore storico e culturale, come Noto, capitale del Barocco, e si dirigeva verso il mare, passando per stazioni come Noto Marina e Noto Bagni.
Questi luoghi, particolarmente apprezzati per il loro fascino e per il turismo che attirano, non furono sufficienti a preservare la ferrovia, che risentiva ormai di una diminuzione del traffico e di un progressivo abbandono delle linee secondarie.
Allontanandosi dalla costa, la ferrovia Noto – Pachino attraversava una serie di siti di straordinario valore storico e naturale. La linea passava infatti nell'area archeologica dell'antica città greca di Eloro, uno dei più importanti insediamenti della Sicilia antica, ricco di resti monumentali e testimonianze storiche.
Successivamente, proseguiva verso la Villa romana del Tellaro, un altro sito archeologico di rilevanza, che offre uno spaccato della vita quotidiana e del lusso durante l'epoca romana.
Infine, la ferrovia raggiungeva la Riserva naturale e Oasi faunistica di Vendicari, una delle zone umide più significative della Sicilia, conosciuta per la sua biodiversità e per essere un importante punto di sosta per gli uccelli migratori.
L'area, che si trova nel territorio di Marzamemi, è oggi una meta di grande interesse ecologico e turistico, famosa per le sue saline, le spiagge incontaminate e gli ecosistemi naturali unici.
Proseguendo il suo percorso, la ferrovia costeggia la Grotta di Calafarina, un sito archeologico di grande importanza, noto per i numerosi rinvenimenti di varie epoche, con particolare riferimento alla prima età del bronzo. Questo luogo offre importanti testimonianze della preistoria siciliana, confermando l'antichità e la ricchezza storica del territorio attraversato dalla linea.
La tappa finale della ferrovia era rappresentata dalla stazione di Pachino, che detiene un primato significativo: si trova infatti essere la stazione più meridionale d’Italia e d'Europa per le linee ferroviarie a scartamento ordinario.
Oggi, il recupero di questa tratta potrebbe ridare slancio al turismo, riscoprendo e valorizzando questi luoghi ricchi di storia e cultura.
Foto Fondazione FS Italiane